Uno dei Casi Umani a cui sono più affezionato era il mio postino.
È stato l’ultimo ad “uccellarmi” in chat.
La foto dell’organo è sempre un grande momento.
Lo conobbi quando portò una raccomandata a casa dei miei: abitavamo al pianterreno e pioveva a dirotto.
Lo feci entrare per evitargli la pioggia mentre firmavo, scambiando due chiacchiere.
Tutto è cominciato là.
Manco due ore dopo mi trovai la richiesta d’amicizia su fb.
Lo riconobbi, mi chiesi come avesse potuto trovarmi.
La mia migliore amica, delicatamente, mi fece notare:
“È il tuo postino, deficiente: è cazzo OVVIO che sappia il tuo cognome.”
Rifiutai la richiesta, maledetti superpoteri da postino.
Lui non desistette e accettai l’amicizia per sbaglio, tempo dopo, scambiando il suo cognome per quello di una persona con cui chiacchieravo su un gruppo di Star Wars.
Mi scrisse e rimasi vago: non mi piace fare l’antipatico, in chat, se non ne ho motivo.
Alla fine è un bel ragazzo, eh, ma sinceramente non mi piace.
Arrivò la pandemia.
Ero dovuto tornare a casa dei miei per motivazioni terze, e in quel periodo stavo aiutando un mio amico a gestire un programma trasmesso su instagram.
Gli scrivevo i testi, era diventato una sorta di cabaret; erano tanti i “programmi” costruiti così in quei mesi.
Per una questione di tecnicismi dovevo usare il tablet di mia madre, connettendomi sull’account di fb. Non potevo stare sempre ad uscire ed entrare sul profilo.